La cazzuola d’argento dorata per la prima pietra del Paron de Casa posata il 25 aprile 1903

Se la storia del ‘900 è precisa nel ricordare quel fatidico 14 luglio 1902, giorno del crollo del Campanile di San Marco, ben poco racconta del 1° giugno 912 data presunta nella quale ebbe inizio la storia del Paron de Casa.

Stiamo parlando dei tempi antichi del Doge Pietro Tribuno.

Fu allora, circa 1110 anni fa, che cominciarono i lavori per le fondamenta del Paron de Casa. A dire il vero c’è chi scrive dell’anno 888, altri del 902, 910, 1032 e 1070. Invece non ci sono dubbi sul Paron de Casa iniziale come torre di avvistamento e faro per la Serenissima che iniziava il suo potente sviluppo.

La storia della cazzuola celebrativa in argento dorato nasce proprio dalle fondamenta del Paron de Casa. Infatti, l’opera realizzata dall’incisore Alessandro Santi su disegno di Augusto Sezanne, ha il manico che trae origine da un pezzo di legno.

Ancora non sappiamo se il frammento della cazzuola fa parte del zatterone di rovere o di larice, dei paletti di ontano o dei pali di pioppo sigillati dall’argilla, oppure se è stato selezionato da un pezzo delle traverse di quercia.

Di sicuro possiamo affermare che non era legno del Cadore o del Cansiglio, quello sarebbe arrivato al vasto porto di Venezia qualche secolo dopo e attraverso la fluitazione sul fiume Piave.

Sull’origine del legname delle fondamenta antiche l’archeologo Giacomo Boni spiega che “appartiene a specie nostrane che vegetano in riva ai fiumi e su terreni soffici; essenzialmente legni di pianura, quali davano le boscaglie dell’estuario lagunare”.

Boni ricorda inoltre che le fondazioni sono composte da “cinque piccoli scaglioni superiori, sette strati di pietrame che si stendono su uno zatterone di legname a doppio strato; il tutto gravante sulla palafitta immersa nel solido letto argilloso che copre a lunghi tratti le sabbie d’alluvione dell’Estuario Veneto” e aggiunge che “per quanto complesso, il sistema a palafitta risale ai villaggi lacustri ed i costruttori della Torre adottarono semplicemente un sistema ad essi tramandato dall’età preistorica”.

Tra le interessanti curiosità, il simbolismo della cazzuola compare nel sigillo artis muratorum et petraiolorum disegnato da Giovanni Grevembroch e nel bassorilievo della Scuola dei Mureri di Venezia. Quest’ultima fu istituita nel 1200 e, come scrive il Tassini, solo ai maestri muratori era consentito “toccare materialmente la cazziola”.

Ma c’è molto altro da sapere sulla storia del nuovo Campanile di San Marco.

Con la collaborazione di Ermelinda Damiano, Presidente del Consiglio Comunale di Venezia, siamo andati in visita a Palazzo Ducale. Fino al 25 marzo 2022 è in corso la mostra “VENETIA 1600. Nascite e rinascite” dov’è esposta la famosa cazzuola.

Nel pannello espositivo è scritto che alcuni misero in dubbio la necessità che il nuovo Paron de Casa replicasse quello vecchio. “Per quale motivo, poi, non dovrebbe essere rappresentato nella piazza di Venezia anche lo stile moderno?”, scriveva un architetto viennese. Notando che il dibattito si infiammava, l’allora Sindaco di Venezia propugnò la posizione tradizionalista: “Com’era e dov’era – e così sia”.

In realtà il campanile non fu ricostruito com’era. L’Ingegnere Luca Beltrami, responsabile del progetto che lo esegue assieme all’Architetto Gaetano Moretti, diede disposizione di usare solo mattoni nuovi, di rastremare il Campanile per renderlo più snello e di realizzare la cella campanaria in cemento armato.

La riedificazione portò comunque delle modifiche migliorative, tra queste la superficie delle fondazioni che fu ampliata del 300%. Attorno alla vecchia palafitta del Paron de Casa, iniziata nel 912 dal Doge Pietro Tribuno, per rafforzare le fondamenta furono inseriti altri 3076 pali di larice lunghi dai tre ai sette metri.

Merita ricordare che il 25 aprile 1903 la cazzuola fu usata per seppellire una pergamena firmata dal Patriarca di Venezia, dal Sindaco di Venezia, dal Conte di Torino e dal Ministro alla Pubblica Istruzione. Venne arrotolata dentro un cilindro di rame con delle monete coniate sotto il Regno di Vittorio Emanuele III.

Come nel particolare riportato qui sopra disegnato da Achille Beltrame, anche nel quadro di Ettore Tito il Patriarca di Venezia figura al centro della cerimonia per la posa della prima pietra.

L’opera dell’artista napoletano, ma veneziano di lungo soggiorno e per sentimento d’arte, misura quasi 10 metri quadri. Fu acquistata dalla Cassa di Risparmio di Venezia e donata ai Musei Civici.

IL DISCORSO DEL PATRIARCA DI VENEZIA

Cerimonia del 25 aprile 1903, posa della prima pietra del nuovo Paron de Casa. Ecco il discorso del Cardinale Giuseppe Sarto, Patriarca di Venezia dal 1893. Fu eletto Papa il 4 agosto 1903 e prese il nome di Pio X, proclamato poi Santo nel 1954.

Nessuno spettacolo è così degno di ammirazione come quello di un popolo che, iniziando un’impresa, domanda a Dio la Benedizione, perché mai emerge tanto l’ingegno dell’uomo come quando si china davanti l’eterno fuoco, donde viene la luce, né le sue opere si producono con un carattere più maestoso e solenne che dopo l’invocazione della potenza suprema che le suggella e le consacra. Io, quindi, mi congratulo con voi, o nobili rappresentanti di Venezia, che, fedeli interpreti dei veri cittadini, deliberaste che un pubblico atto religioso desse principio alla riedificazione del campanile nel giorno sacro all’evangelista san Marco, affinché Venezia, già fiorente tanti secoli sotto un tale protettore, veda aprirsi dinanzi un’era di novella prosperità. Mi congratulo con voi, che vi mostraste figli non degeneri di quei padri che, convinti della grande verità che si fabbrica indarno se alla direzione non presiede il Signore, vollero che questa città, cristiana fino dall’origine, segnasse l’epoca della sua fondazione dal giorno in cui ebbe principio il mistero dell’umana redenzione, né mai si accinsero ad alcuna impresa senza avere prima invocato sopra di essa il nome di Dio e la protezione di Maria. Per la religione i nostri avi, uniti in un cuor solo, onorarono la patria con amore generoso, con rispetto profondo, con un sacrificio eroico, e per questi due amori, più che per il loro senso politico, compirono imprese onorate, salirono a prosperità e rinomanza. Per la religione, mentre le altre nazioni e le città stesse d’Italia gemevano sotto il giogo dei barbari, Venezia era il centro della civiltà europea, la sede del sapere e delle arti gentili, la regina dei mari, l’anello che congiungeva l’Oriente e l’Occidente in società di commerci. Dalla religione riconobbero sempre i veneziani la fonte della loro floridezza, e perciò, mentre fu essa l’anima delle loro opere, la direttrice dei loro consigli, l’ispiratrice delle loro leggi, per ottenerne e ricambiarne i benefici erigevano templi e altari, le dedicavano asili di pietà, le consacravano istituti di utili studi, di virtù rigeneratrici di santi, e ne perpetuavano con i monumenti i gloriosi trionfi.

IL DISCORSO DEL SINDACO DI VENEZIA

Il Conte Filippo Grimani fu eletto Sindaco di Venezia nel 1895 e mantenne la carica per quasi 5 lustri fino al 1919. In precedenza svolse il ruolo di Consigliere Comunale a Mira e Sindaco di Mirano. Nel 1917 venne nominato Senatore per tre legislature.

Altezza Reale, Eccellenza, Signori. La sera del 14 luglio, poche ore dopo il fatale disastro che quasi improvvisamente ci toglieva il glorioso campanile e la meravigliosa Loggetta, era d’urgenza radunato il cittadino Consiglio. Quarantadue consiglieri presenti e la sala, il vestibolo, le scale rigurgitanti di un pubblico affollato e commosso. Quelli ch’erano nell’aula, l’uno a ridosso dell’altro pigiati, a mala pena resistevano a quelli che stavano al di fuori, e volendo a tutti i costi entrare, spingevano, protestavano offrendo uno spettacolo indimenticabile. E quando fattasi una calma relativa ed impreso a parlare, dissi ad un certo momento: “Il campanile e la Loggetta dovranno certamente ricostruirsi ed il Comune vi darà il primo impulso con il suo contributo” un applauso formidabile, lungo, entusiastico rispose nella sala, nell’atrio, lungo le scale. Cosicché il voto per la ricostruzione del monumento non poteva avere più solenne, più chiara e più cordiale approvazione. L’anima del popolo aveva parlato e non solo a mezzo della sua legittima rappresentanza, e non solo allora ma anche in seguito con diverse e spontanee e commoventi manifestazioni di un comune sentimento che rimane immutato ed immutabile contro ogni specioso e tardo conato. Poiché per tutti il crollo della torre millenaria aveva significato non la semplice rovina di un edificio, ma la scomparsa di un simbolo che in sé compenetrava le gloriose memorie della patria, del testimonio venerando delle vicende or liete or tristi i cui si riassume la storia veneziana, del segnacolo luminoso che apparendo ad ogni punto della città, dalle calli ai ponti, dalle case alle verdi acque che fanno cornice al panorama di Venezia nostra, era insieme una visione efficace dei passati ricordi, un caro e fido compagno della vita quotidiana. Dov’era e come era. Questa fu la sintesi del pensiero di tutti e non dei veneziani soltanto, perché dall’Italia intera come da ogni parte del mondo, dalla stampa nostrana e straniera vennero incoraggiamenti ed auguri, incitamenti e voti. Dov’era e come era. E all’attuazione di così alto ideale risposero con nobile slancio le offerte in denaro da quelle umili e significanti del popolano a quelle cospicue di ogni ordine di cittadini; da quelle dei connazionali e dei forestieri a quelle dei comuni e delle provincie del Regno, spiccando in fra tutte le offerte di S. M. il Re e di S. M. la Regina madre rinnovato pegno di quei vincoli per cui Reggia e Popolo sono sempre accomunati nel nome e per la grandezza della Patria. Dov’era e come era. E tale risorga sotto il valido impulso e la sapiente guida dell’architetto Beltrami, gloria tutta italiana che darà a noi, al mondo intero il conforto e la sicurezza di una esatta e fedele ricostruzione dell’infranto colosso. E tale risorga senza pregiudizio di altre opere alle quali il comune intende, tali che alla classe meno favorita possano assicurare un asilo modesto che ne rinfranchi il fisico dopo le fatiche del lavoro e valga ad elevarne la condizione morale. Poiché mai potrà dirsi in una città come la nostra che questioni di sentimento o di arte facciano trascurare lo studio e la soluzione di quei problemi che non sono monopolio di alcuno, ma orgoglio ed aspirazione di tutti gli uomini di intelletto e di cuore. Dov’era e come era. E fra quattro anni, forse meno, rivedremo maestosa e fiera ergersi ancora verso il cielo la classica torre pronta a resistere alle ingiurie dei secoli. Essa riprenderà l’antico posto assegnatole dai maggiori nostri e fonderà ancora in mirabile armonia la Basilica insigne e gli edifici di Mastro Buono e di Sansovino e ridonerà alla visione di Venezia l’incanto che prima aveva e che ora invano cerchiamo con un senso di tristezza e di vuoto. E riudremo il mistico suono dei bronzi sposarsi alle radiose aurore e agli splendori del tramonto, e segnare eventi – voglia Iddio – sempre lieti della Patria nostra conscia della sua grandezza, fiera della sua libertà, stretta intorno ad uno stesso vessillo. E sullo svelto pinnacolo, l’Angelo d’Oro, additerà ancora le vie dell’infinito richiamando lo spirito verso un regno di giustizia, di misericordia e di amore che non è di questo mondo. Dov’era e come era. E fossero pure ragioni di sentimento quelle che ci sospingono, più che ragioni di arte e di storia; fosse una ingenua semplice idealità o il desiderio soltanto vivo ed intenso di avere ancora dinanzi agli occhi l’edificio che sin dall’infanzia abbiamo imparato a conoscere ed amare e che vogliamo lasciare ai nostri figli e nipoti, bello sempre e ammirando è l’esempio di un popolo che sa inspirarsi alle sue grandi memorie e se ne sente orgoglioso, e fiero sempre di comprenderle può innanzi procedere pieno di fiducia in sé stesso e nel suo avvenire. Dov’era e come era. E così sia. Così sia sotto gli auspici vostri, Altezza Reale, che tanta e così degna parte siete della gloriosa Dinastia di Savoia verso il cui Augusto Capo vola in questo momento il nostro pensiero memore e devoto. Così sia sotto gli auspici vostri, Cardinale Eminentissimo che qui recando la benedizione del Cielo proclamate solennemente la sublime armonia del sentimento di religione e di patria. Così sia sotto gli auspici vostri, onorevole Ministro per la Pubblica Istruzione il cui nome è scolpito nel cuore della cittadinanza per aver dato ai nostri propositi il valido appoggio del vostro intelletto e della vostra cordialità. Ed io sono ben lieto che a questa cerimonia partecipi di persona S. E. il Ministro della Pubblica Istruzione di Francia, che Venezia si onora di ospitare, e che rappresenta degnamente, assommato nella sua autorità, quanto vi è di più alto negli studi e nella cultura della sua illustre nazione. Voluto dal popolo, il monumento che sta per risorgere sarà la risultante di tutte le sane energie, il riflesso di tutte le volontà feconde, il simbolo solenne delle virtù cittadine. Esso sorgerà a legare il tempo nostro all’antico, poiché nel culto fedele delle passate grandezze è pur dato trarre da questo auspicio ad eventi felici. Esse per i popoli liberi e gagliardi non sono storia soltanto ma divengono augurio glorioso. Onde a Venezia si può ripetere per tutti i secoli il fatidico saluto di Vergilio, già scolpito in antiche nostre medaglie: “Semper honos nomenque tuum laudesque manebunt”.

I partecipanti all’iniziativa presso Palazzo Ducale alla mostra “VENETIA 1600. Nascite e rinascite”, da sx Vittorio Baroni Coordinatore del progetto, Nadia De Lazzari Giornalista, Ermelinda Damiano Presidente del Consiglio Comunale di Venezia, Valerio Held e Maurizio Amendola Autori dei disegni del progetto. Si ringrazia la Fondazione Musei Civici Venezia per la collaborazione di Chiara Squarcina, Dirigente Area Musei .

Crediti

  • Informazioni e immagini sulle fondamenta del Paron de Casa dal saggio di “Sostruzioni e macerie” dell’Arch. Giacomo Boni e dal reportage “Campanile di San Marco – Ricostruzione” dell’Ing. Daniele Donghi.
  • Immagine del Doge Pietro Tribuno dal volume “Storia dei Dogi di Venezia” , Giuseppe Grimaldo, Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III, Napoli.
  • Immagine 25 aprile 1903, posa della prima pietra del nuovo Paron de Casa, da “La Domenica del Corriere”, particolare del disegno di Achille Beltrame.
  • Immagine del Cardinale Giuseppe Sarto Patriarca di Venezia “partecipante al Conclave” tratta da L’Illustrazione Italiana del 9 agosto 1903.
  • Immagine del Sindaco di Venezia Filippo Grimani e degli operai sulla palafitta tratta da “Ars et Labor”.

PARTNER E RINGRAZIAMENTI Progetto “El Paron De Casa #Venezia1600 Campanile di San Marco” sviluppato con il sostegno di istituzioni, enti ed imprese, realizzato in convenzione tra Lido Oro Benon e Università Ca’ Foscari Venezia Dipartimento di Studi Umanistici in accordo con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna. Collaborazione e patrocinio Procuratoria di San Marco, Ordine Ingegneri Città Metropolitana di Venezia, Confindustria Venezia, Guardia Costiera, Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale, APV Investimenti, Fondazione Archivio Vittorio Cini. Riconoscimenti di Venezia 1600 e Veneto Sostenibile. Edison partner per la Sostenibilità. Sponsor e supporter Meneghetti l’orafo di Venezia, Istituti Vicenza formazione, Walter e Jack Arbib, Caffè Florian Venezia 1720, Mitilla la cozza di Pellestrina, Pasticceria Milady, Pachuka Beach Club, La Pagoda, AVM SpA, Cooperativa Guide Turistiche di Venezia, Club della Gondola e delle attività remiere, Venezia360, Consorzio Venezia Sviluppo, Muffato marmi e graniti, Dolce Vita. Si ringraziano per la collaborazione i Dirigenti Scolastici partecipanti, il Sindaco di Venezia, la Presidente del Consiglio Comunale di Venezia, l’Assessore Comunale all’Ambiente, il Consigliere Delegato alle Isole, i Presidenti delle Municipalità, il Comitato Venezia 1600, la Fondazione Musei Civici Venezia. Concept e coordinamento a cura di Vittorio Baroni. Autori disegni Valerio Held e Maurizio Amendola. Tutti i contenuti sono pubblicati con Licenza Internazionale di condivisione CC BY-NC-ND 4.0 e Copyright.

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