Svelato il “tocheton” del Paron de Casa, il più grande pezzo esistente del Campanile di San Marco crollato nel 1902 e conservato da Salvatore Arbib

14 luglio 1902, crolla il Campanile di San Marco. 13 luglio 2021 a Venezia viene svelato il “tocheton” (grande pezzo) del Paron de Casa. 119 anni fa lo portò a Dorsoduro Salvatore Arbib, un antiquario esploratore ebreo nato a Venezia di famiglia tripolina. Adesso è custodito in un giardino privato di Palazzo Berlendis, pesa circa 5 tonnellate.

Venezia, martedì 13 luglio, nel Sestiere di Dorsoduro, presso il giardino Berlendis (palazzo di fine 1500), è stato svelato per la prima volta il “tocheton” del Paron de Casa, ovvero un grande pezzo del peso di circa 5 tonnellate. Si tratta del più grande resto esistente del Campanile di San Marco rollato il 14 luglio 1902.

Iniziativa coordinata da Vittorio Baroni, autore del progetto El Paron de Casa #Venezia1600. Dopo i saluti introduttivi della funzionaria archeologa per la Soprintendenza Sara Bini e della presidente del Consiglio Comunale di Venezia Linda Damiano, sono intervenuti il professor Lorenzo Calvelli dell’Università Ca’ Foscari Venezia.

La proprietà ha dimostrato un esempio di responsabilità civica ad aprire il giardino alla conoscenza cittadina. Giovanni Bognolo ha ripercorso le tappe arrivando a 40 anni fa, quando il giardino passò alla signora Noemi Barbirato e il marito Giuseppe Bognolo, deceduto nel 2017. Ha partecipato anche Maurizio Amendola assieme a Valerio Held, curatori dei disegni del progetto.

LA STORIA DEL TOCHETON

La storia inizia dopo il crollo del 14 luglio 1902 e ha come protagonista Salvatore Arbib.

Salvatore Arbib

A quel tempo egli decise di portare nel giardino un grande pezzo del Campanile di San Marco con incastonati pezzi di antica fattezza. Pare sia stato fatto un versamento in denaro per la raccolta fondi finalizzata alla ricostruzione. Nato a Venezia, di famiglia ebrea tripolina trasferita nella città lagunare, Salvatore aveva casa con galleria nel palazzo Berlendis, corte e dintorni. In più parti sono ancora evidenti le tracce scolpite con le sue iniziali e il simbolo di famiglia. Le testimonianze storiche sono state tramandate alla signora Noemi Barbirato in Bognolo da Valeria Arbib in Coen, figlia di Salvatore, che abitava nel palazzo Berlendis. Dopo la morte di Salvatore la proprietà è stata divisa in parti. Il giardino diventò una florida piantagione di fagioli coltivata dal signor Berto. Veniva appositamente da fuori Venezia per curarla, pagava un affitto e poi vendeva i legumi ai veneziani. La gran quantità di materiale del Paron de Casa sembra sia arrivata dal Rio dei Tre Ponti poiché, allora, lo spazio verso ovest era ancora tutto aperto. La vendita del giardino alla famiglia Bognolo riserva una particolarità. L’erede Abramo Albert Naum, figlio di Matilde Arbib e figlia di Salvatore Arbib, volle inserire una clausola che riservava la proprietà del tocheton al nipote dell’antiquario. Dopo il suo trasferimento all’estero se ne sono perse le tracce. Salvatore aveva quattro figlie, Bianca Arbib sposata in Nunes Vais che era la figlia maggiore, Matilde in Naum, Marcella in Vivante e, appunto, Valeria in Coen. Il tocheton è conservato da 119 anni nello spazio verde privato di Dorsoduro e, ancora oggi, una parte del giardino è coltivata a orto e frutteto.

TOCHETON E TOCHETIN

In dialetto veneziano il termine tocheton è collegato alla storia del tochetin (pezzettino) del Campanile di San Marco e della bambina Gigeta. “Go un tochetin de maton del campaniel” diceva Gigeta dopo aver gettato in mare, a 3 miglia dalla costa del Lido di Venezia, il primo mattone dei resti del Campanile di San Marco. File con il racconto completo disponibile sul sito https://elparondecasa.net/download.

#elparondecasa #Venezia1600 #CampanileSanMarco

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